I Sanniti attingono in gran parte dalle eredità del mondo greco-tirrenico ma conservano e sviluppano anche propri caratteri indigeni nei culti come ad esempio quello della dea Mefitis alle sorgenti sulfuree di Rocca San Felice nella valle D’Ansanto – lo Specus Horrendum virgiliano, Aen . VII, 568.
L’area e ubicata nella valle de torrente Fredane, affluente in destra orografica del Fiume Calore.
È indubbiamente uno dei luoghi più suggestivi dell’Irpinia. Si tratta di un piccolo lago di origine solfurea dal perimetro di circa 40 metri e una profondità non superiore ai due metri.
Appare come un’arida e desolata distesa grigiastra con chiazze gialle di zolfo, priva di vegetazione dall’odore forte e dal vivace ribollire delle acque prodotte da esalazioni gassose di anidride carbonica e di acido solfori. La zona non è vulcanica.
Il fenomeno è connesso alla presenza di strutture tettoniche che interessano tutta la crosta terrestre e consentono una veloce risalta di fluidi di origine profonda.
Virgilio descrive il luogo come uno degli accessi agli Inferi simile per le caratteristiche al Lago d’Averno nei Campi Flegrei.
È de l'Italia in mezzo e de' suoi monti una famosa valle, che d'Amsanto si dice. Ha quinci e quindi oscure selve, e tra le selve un fiume che per gran sassi rumoreggia e cade, e sì rode le ripe e le scoscende, che fa spelonca orribile e vorago, onde spira Acheronte, e Dite esala.
In questa buca l'odioso nume de la crudele e spaventosa Erinne gittossi, e dismorbò l'aura di sopra.(Virgilio, Eneide, VII, vv. 563-571. Traduzione di Annibal Caro.)
Come accesso al regno dei morti, il sito è rievocato da un passo di Servio che “si tramanda che qui si apra l’ingresso agli inferi, poiché l’opprimente fetore uccide chi vi si accosti..” (Ad Aeneida , VII, v. 563 ss). Questo luogo, per i popoli Osci e Sanniti, era sacro.
Era dedicato alla dea Mefite, divinità italica legata al culto delle acque e alla fecondità della terra e degli
esseri umani.
Alcuni resti di strutture murarie, ancora parzialmente affioranti in superficie e gli schizzi e gli appunti di scavo risalenti agli anni ’50 inviati a Oscar Onorato da parte di Don Nicola Gambino, parroco di Rocca San Felice e incaricato, in questi tempi, di curare le indagini alla Mefite, assieme agli s cavi condotti da Ivan Rainini più di quaranta anni fa (anni ’71-72) sul versante nord del colle di S.ta Felicita hanno permesso una ricostruzione virtuale del Santuario e del contesto ambientale. Per l’area recintata contenente l’altare, finora priva di esplorazioni sistematiche ma soltanto oggetto di ricognizioni topografiche, e per l’insediamento di età romana sorto sulla sommità di S.ta Felicita la proposta di restituzione è del tutto ipotetica.
E’ stata portata alla luce parte della ricca stirpe votiva del santuario, che ne prova l’esistenza almeno dal IV sec. a.C.
Alcuni reperti che risalgono al V o addirittura al VI sec. fanno ipotizzare un impianto cultuale precedente.
Sono state recuperate numerose statue di terracotta e di legno (erma asessuata, divinità stante con gorgoneion o con polos, dea in trono come kourotrofo s, monete, oggetti in oro). Particolarmente interessanti sono due tavolette di maledizioni.
I reperti sono tuttora custoditi presso il Museo Irpino di Avellino e nei depositi della Soprintendenza archeologica di SA, AV e BN.
Il santuario era forse anche sede di oracolo, secondo Rainini. V. M. Santoli fa riferimento ad una grotta, ipotizzata come luogo riservato ai responsi, oggi non più visibile.
È stato abbandonato alla fine del III sec./inizio del II a. C. forse a causa della perdita di autonomia della zona, diventata ager publicus populi Romani. Sembra vi sia una ripresa della vita del santuario, sicuramente mai assopita, nell’età repubblicana, cioè nel I sec. a.C. (impegnativi interventi architettonici) e poi in età augustea.
Dopo un silenzio di due secoli, si assiste ad una rinascita durante il IV sec. d.C. ma il culto pagano viene sostituito da quello di S.ta Felicita con il trasferimento del santuario più a sud, sulla spianata dell’omonima collina dove rimane fino al IX sec.
Avvenne allora un nuovo spostamento della chiesa a Rocca San Felice. Già dal V sec. era finita la frequentazione dell’area sacra della Mefite.